INCONTRO DEL 13 MARZO 2015
DIARIO CLANDESTINO di GIOVANNII GUARESCHI
Il libro racconta la prigionia dell’autore in un campo di
concentramento per militari, prima in Polonia e poi in Germania, dal ‘43 al
‘45.
Non si tratta di un vero diario, come lo stesso autore ci
dice all’inizio del libro; infatti non racconta giorno per giorno la prigionia
ma si tratta quasi di un’antologia di situazioni tra il doloroso, il tenero, il
nostalgico e l’ironico.
Ci limitiamo quindi a citare solo alcune pagine, perché molte quelle che meritano una
riflessione particolare come ad esempio quelle che seguono.
Sulla fame, esorcizzandola con una lettera indirizzata
alla moglie alla quale dà istruzioni su
come imbandire la tavola per il Natale; oppure quando non si riconosce allo
specchio per la magrezza.
Sulla tenerezza che traspira da alcune pagine come quella
della morte del Capitano che conserva tre tavolette di cioccolata destinate ai
suoi bambini e muore di fame.
Sulla nostalgia, quando parla del figlio mai nato o di
Carlotta, la cui fotografia è l’unico oggetto che si salva nell’episodio del
Pacco rotto dove l’autore raggiunge un punto di ironia veramente eccezionale.
Su sogno, con il quale evade dalla condizione tragica in cui si trova,
consentendogli di rimanere in vita senza impazzire. Infatti, ritroviamo il
sogno nel racconto di Cip, figlio di un guardiano addetto al controllo e
all’uccisione di eventuali evasori, la cui fotografia viene persa dal padre
mentre viene portato in infermeria. La fotografia viene ritrovata da Guareschi,
che con l’immaginazione fa diventare il
bambino piccolo piccolo tanto da poterlo tenere nel nella suo gavettino, per
soddisfare il bisogno di tenerezza per i figli e per sentire un po’ meno la
nostalgia.
Nonostante la terribile condizione in cui vive, la
cultura e la poesia gli sono d’aiuto (molto poetica la descrizione della scia
lasciata nel cielo da un aereo da caccia).
Anche sulla fine della prigionia, con la riconquistata
libertà, c’è moltissima ironia, dalla
Camel nell’orecchio dell’americano, alla passione dei russi per la sveglia e
alla sua opinione sugli italiani che “non muoiono neanche se li ammazzano”.
Rivolge un pensiero ironico sulla libertà di spirito
anche alla sulla Signora Germania quando dice: “di fuori è una faccenda molto
facile da comandare ma dentro ce n’è un altro e lo comanda solo il Padre
Eterno”.
E’ davvero un diario “particolare”, è un denuncia della
guerra che non ha mai un senso perché è violenza dell’uomo sull’uomo, solo
perché dall’alto qualcuno lo comanda.
La bravura di Guareschi
si rileva anche nel modo in cui descrive un argomento così terribile
senza intristire nonostante la commozione che fa comunque nascere nei lettori
E’ piaciuto comunque a tutte le lettrici.
Nessun commento:
Posta un commento